Corpi estranei di Antonella Sica
(Arcipelago itaca 2025)
Quando l’assenza e la mancanza diventano un vuoto incolmabile, la realtà psichica ci lascia attoniti e isolati in ciascuna età della vita. La poesia di apertura che Antonella Sica ha dedicato alla madre prematuramente scomparsa, è un atto d’amore sospeso che si spegne nell’oscurità dell’abbandono:
“Madre di Luna pietra madre ragnatela
di capelli sul guanciale madre pallido […]
che sei andata via
come si spegne la luce
nella stanza di un bambino”.
La figura della madre si inabissa in un’assenza che non promette altre forme d’incontro attraverso la memoria. Mai più nominata, all’interno delle quattro sezioni che strutturano la silloge, forse cercata nei luoghi senza luce, smascherando le realtà aspre della vita e la caducità delle cose.
“Era una casa divisa in gabbie
perimetri di fiato e dolore
corpi estranei cuciti dal sangue”.
Legami di sangue radicati in un dolore indicibile deposto nella rinuncia: “in comune coi morti avevamo la resa”. Tempo del lutto, della solitudine, e dell’incomunicabilità di una famiglia spezzata. Il dolore che si tace prolunga l’angoscia in un tempo indefinito, separa, rende estranei. Le prime due sezioni del libro (Corpi estranei e Ho una bambina sulla schiena) tracciano l’oggettività di un trauma che rimane in attesa di essere nominato. La parola poetica lavora sui dettagli, con precisione chirurgica, dettagli e immagini del vuoto affettivo all’interno della casa abitata da una solitudine estrema.
Ma “il volto perduto di una bambina”, orfana d’amore, cerca la propria voce, si dispone a percepire il suo corpo – poesia mentre osserva e guarda un’altra realtà. Intensa è la sensibilità del suo sguardo che sente e inventa. Scrivere con gli occhi diventa un modo di esplorare un percorso visivo intimo e relazionale con sé stessa, l’assenza e la mancanza che ci costituisce. Noi siamo anche tutto ciò che sentiamo e la parola nasce dall’esperienza del corpo.
Quella bambina, che ritorna nel tempo presente, cerca la propria voce nel buio della notte:
“la bambina di notte dondola
cigola come un’altalena
col suo alito di bosco sussurra
cristalli di sale sul cuscino
mentre sogno indossa le mie mani
disegna una volpe che gioca coi cani
fuscelli i fremiti del suo respiro
un nido di parole che scopro al mattino.”
L’immagine della volpe, animale simbolico che vede nel buio, e che possiede la capacità di osservazione acuta nel buio della coscienza, è presente anche nella terza sezione, La condanna alla luce.
Scrive, infatti, l’autrice nella chiusa di Scaverò una fossa alla luce
“tagliate le corde al fondale del cielo
avrò occhi di volpe
nascosti fra le ortiche”.
Una prospettiva dello sguardo e della percezione dell’ascolto sonoro e visivo che non teme i luoghi della profondità dell’inconscio, non ha paura di portare alla luce le ferite che vengono nominate e conosciute anche attraverso l’essere guardati dalle cose estranee e oggettive che fanno parte della vita.
Guardare, essere guardati. Particolare, in questo movimento, è la chiusa di Sul mattino ai margini:
“i gabbiani spolpano il sonno
richiamano agli occhi l’odio
di chi sopravvive.”
Versi che fanno parte della quarta sezione Dove nessuno chiama.
In questa oscillazione tra esterno ed interno (e dei luoghi e delle domande che nascono in noi mentre leggiamo i suoi versi densi e affilati come lame che squarciano la visione), la scrittura poetica di Antonella Sica diviene un atto creativo di tenace vitalità che guarda alle cose; alla forza narrativa delle immagini-sequenze ritmiche, tra le parole distillate con cura e attenzione. La sua esperienza di regista e filmmaker ritorna attraverso le sequenze evocative della sua ricerca poetica che predilige le figure retoriche dell’antitesi e dell’ossimoro. Con il suo sguardo di poeta traduce e trasforma le contaminazioni quotidiane, i quadri interni dei luoghi, senza paura di nominare la fragilità umana, le ambivalenze, la memoria del corpo. Anche per dire che L’abisso non ci divide. L’abisso circonda. (Wislawa Szymborska).
Corpi estranei è un canto d’amore doloroso, autentico, dissonante, che svela alcune verità dell’esistenza dentro l’autobiografismo e nell’altrove, fuori e dentro di noi.
Stefania Bortoli
settembre 2025










