L’ira notturna di Penelope è un titolo che intriga parecchio. Come nasce questa raccolta? che cosa ti preme comunicare? e che importanza dai alla scelta di un titolo?
Secondo me, la poesia nasce dalle crepe come la gramigna che cresce nelle fessure dei muri di pietra. Se non mettiamo in discussione l’ordine, il suo senso solo apparentemente stabile, la poesia non può germogliare. “L’ira notturna di Penelope” nasce dalle mie crepe. Ad un certo punto non riuscivo più a capire chi fossi veramente, percepivo dentro di me tante voci e le meno autentiche avevano un volume più alto delle altre. Mi sono resa dolorosamente conto di quanto essere donna avesse giocato un ruolo cruciale nella mia vita e di quanta pelle non mia facesse parte del mio corpo. Ricordo che da adolescente, quando disertavo la scuola, andavo a rifugiarmi al museo di Villa Borghese a contemplare le statue del Bernini. In particolare rimanevo incantata da Apollo e Dafne e dal Ratto di Proserpina. Anni dopo sono tornata e, accanto alla meraviglia che sempre hanno destato in me queste due sculture, ho sentito un profondissimo disagio perché percepivo il dolore delle giunture di Dafne che per sfuggire alla violenza era costretta a trasformarsi in albero e la mano di Ade che stringeva la coscia di Proserpina, la sentivo premere sulla mia stessa coscia. Da questo disagio maturato
negli anni nasce “L’ira notturna di Penelope”, un percorso poetico che parte da dentro per estirpare la malerba di un’educazione patriarcale che ha deviato la mia vita come quella di molte altre donne e per far sbocciare una nuova visione delle relazioni, con me stessa e con gli altri, partendo dalla riflessione sulla parola più abusata del nostro vocabolario: amore.
Per quanto riguarda la scelta del titolo, che è quello della poesia che apre la raccolta, lascio la parola a Donatella Bisutti, che ha scritto la prefazione del libro: “Più si procede dunque nella lettura, più ci si rende conto del forte valore ossimorico del titolo di questa silloge, che suona come una sfida. Esso riunisce in una figura del Mito, Penelope, come due lembi di quella tela di continuo tessuta e disfatta per essere rifatta di nuovo, la pazienza e l’ira, la prima retaggio atavico del femminile, la seconda simbolo dell’ardua lotta per coniugare quel femminile in un’accezione nuova”.
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