L’arioso titolo ideato da Antonella Sica idealmente congiunge “L’ira funesta” da cui prende le mosse l’Iliade con un personaggio chiave dell’Odissea; in mezzo, la notte in cui merinianamente “i poeti lavorano”, ma che è anche teatro d’ira. Verso cosa? Verso la stessa Penelope, Archetipo di astuzia e pazienza, ma anche di fedeltà coniugale (luna, “luce riflessa”)? Verso “il dovere della stanza” che preclude i tramonti? Verso il “riscatto della carenza” che si cerca nottetempo mentre si scuce la tela-scorza matrilineare? Questa raccolta, caleidoscopio di vedute, carpe diem, ironia, ferite sanguinolente, ricordi, affetti, massime sapienziali (molto di ciò ben colto nella prefazione di Donatella Bisutti, cui rimando), gioca un potentissimo asso confessionale in prima mano, lungo tutta la sezione eponima – che giudico la migliore, traendone tre liriche. E mediante la quale mi interessa esemplificare come l’A., per tutto il libro, ami rima, allitterazione, paronomasia, ripetizione… ma con abilità di eviscerarle da qualsiasi banalità, persino nell’arengo cuore/amore, quasi affine al fiore/amore, rima “più antica difficile del mondo” per Saba. Lo fa agendo per es. sui costituenti ontologici: “Eco nel silenzio di sé stessa”, dopo un vortice figurale, prende una consistenza impossibile come “Eco nel vuoto”; parimenti, nella splendida chiusa anti-Parmenidea di Dissoluzione n. 2, assistiamo a un non essere che attraverso l’abdicazione alla propria passività nasce a quel che è.
L’ira notturna di Penelope
Pelle su pelle cucita
troppo stretta ai fianchi,
sconosciuta addosso
che vive la mia vita; che rimane
quando vorrei andare via
che non prende, chiede
sempre permesso e mi consuma
di rabbia dietro, dal posto
già assegnato nella retrovia.
Cucita addosso la pelle
di mia madre, di mia nonna
ricamata come un corredo
a riscatto della carenza.
Ogni giorno con pazienza
disfo un punto combattendo
l’ira notturna di Penelope
tremando il dubbio se qualcuno
ancora sotto respira.
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Eco
Non è amore
il batticuore del tuo cuore
affamato dal vuoto d’amore
che batte Eco nel silenzio
di sé stessa. Non è amore
il tuo sguardo che inghiotte
nero pozzo secco ogni luce.
Non è amore la questione
di vita o di morte del cuore
se l’amato distoglie lo sguardo
dal tuo sguardo che si spegne
senza l’altro. Non è amore
ma solo Eco nel vuoto
affamato d’amore.
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Dissoluzione n.2
Sola splendo d’ogni ferita il sole
che spacca i semi nella culla del sangue;
radici tenaci di gramigna corrono
sotto la pelle, si spezzano alla luce
i bulbi di ranuncoli azzurri
nel cavo degli occhi, sbocciano
ai piedi papaveri dai morbidi steli
coi petali curvi, la gialla calendula
ricama le mani lenite e il cuore è terra
che batte alla pioggia che cade.
Non essere. Non essere più
se non qualcosa che si lascia essere
ciò che è.
Grazie per l’ospitalità, Antonella! E soprattutto grazie per il tempo così bene speso tra le tue parole, R