L’ira notturna di Penelope su Poesia del nostro tempo – lettura di Silvia Rosa

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dalla prefazione di Donatella Bisutti

Leggendo i componimenti iniziali di questa nuova raccolta di Antonella Sica […] sembra di trovarsi davanti a una poesia ambientata nel quotidiano, e soprattutto a una poesia di “interni”, come molte poesie di Emily Dickinson, una poesia in cui, come è stato osservato, si accampano gli oggetti, di cui tuttavia subito si sospetta la valenza simbolica. Ma più si procede nella lettura, più questo scenario di “interni” si sfonda e lascia spazio a un “esterno” di dimensione cosmica: anche se in una delle ultime poesie della raccolta riappare un interno condominiale abitato da un televisore, dove in una cucina in disordine una donna si affaccenda “in ciabatte”, intorno a questa apparente banalità “trema la corolla nera del mondo”. L’esterno dunque, “impaziente di morte”, irrompe nei versi trascinando con sé, come in una piena, passione disperazione e abbandono, a smentire quella iniziale volontà dell’Autrice di mantenere una tensione governata e controllata, quella enunciata in uno dei testi iniziali, Fame: “Ho lasciato sempre/ qualcosa nel piatto/ pur avendo ancora fame”, una volontà che si propone di opporsi a quel pazzo desiderio di libertà, di esperienza e di avventura che la spingerebbe addirittura a “mangiare erba”, farsi cioè libera creatura soltanto animale. Più si procede dunque nella lettura, più ci si rende conto del forte valore ossimorico del titolo di questa silloge, che suona come una sfida. Esso riunisce in una figura del Mito, Penelope, come due lembi di quella tela di continuo tessuta e disfatta per essere rifatta di nuovo, la pazienza e l’ira, la prima retaggio atavico del femminile, la seconda simbolo dell’ardua lotta per coniugare quel femminile in un’accezione nuova. Accettazione e silenzio sembrano il punto di arrivo di questa scrittura di esplorazione esistenziale, punto d’arrivo insieme della vita e del linguaggio. Linguaggio che in questi testi appare ricco di spezzature, scheggiato e fortemente analogico, spesso in modo spiazzante, in continua spola fra un quasi minimalismo del quotidiano e un piano simbolico, fra interiorità e realtà esterna, fra profondità psichica e verticalità di un cielo abitato da luna, sole, nuvole, vento, e anche fra un linguaggio “alto” e un linguaggio “basso”. […]

da L’ira notturna di Penelope (Prospero Editore 2022)

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