Penelope tesse e attende. E nell’attesa si domanda: cosa significa essere questa donna che sono? E intanto intreccia fili e costruisce trame e veste inganni di morbido tessuto. Si guarda indietro, Penelope, alle donne che è stata e che sono state prima di lei: centinaia di mimi e specchi, echi di altre generazioni che cuciono insieme a lei, con dita altrettanto agili, altrettanto raggrinzite dallo sforzo continuo, ma lievi nella cadenza con cui ingannano il tempo. Leggendo L’ira notturna di Penelope di Antonella Sica (Prospero Editore, 2022), la sensazione non è quella di un’idilliaca parentesi esistenziale in cui attendiamo il ritorno di Odisseo sull’isola. Semmai, la donna cui questi versi danno forma è una donna di città, che dalla sua finestra scorge colline e palazzi, che vive intrisa di azione, capace di insegnarci che nell’attesa si vive e addirittura si scrivono poesie. Così mi sono chiesta chi fosse questa Penelope che si cuce addosso il volto e la vita di altre donne che l’hanno preceduta. Sono entrata nelle cucine di nonne indaffarate, perdendomi tra le braccia profumate di limoni di una madre, inebriata di quella nube di profumo impalpabile che poi si scopre essere l’essenza stessa della femminilità, sempre diversa, sempre presente. E sotto questi molti volti mi sono chiesta se mi è mai capitato di essere la donna che Sica assegna a Penelope. La donna che tesse inganni mentre se ne sta vigile, appena dietro la riva del mare nella notte bagnata dalla luna. «Una poesia non certo femminista, ma fortemente connotata dalla volontà sofferta di far emergere un Sé femminile profondo, affondando la ricerca in un buio primigenio che è insieme quello esistenziale della nascita e quello astrale» commenta Donatella Bisutti, nella prefazione di questa raccolta, esplorando la poesia di questa Penelope notturna, paziente e irosa al tempo stesso, e paragonandola a una certa scrittura simbolica di cui Dickinson era stata maestra. Una scrittura armata però anche di quell’ironia che da Jane Austin in poi abbiamo imparato ad amare profondamente.
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